Mentre ero a fare un progetto di volontariato in Spagna mi chiesero perché fossi lì, perché stessi viaggiando. Risposi con una frase che ancora ricordo:
”Viaggio per scoprire che ciò che non credevo possibile, di fatto lo è”.
In effetti durante i viaggi mi sono accorta che ci sono molti modi per raggiungere lo stesso risultato (non esistono mica solo quelli che conosco io!). Ho notato anche che in luoghi diversi ci sono abitudini diverse, eppure la gente vive bene lo stesso, anzi, per certi aspetti anche meglio. Ma ciò che mi ha colpito di più è lo sperimentare come altre persone risolvono in modo diverso gli stessi problemi che posso avere io.
“La propria destinazione non è mai un luogo, ma un nuovo modo di vedere le cose”
Henry Miller
Del viaggio in Scozia ricordo i sorrisi ospitali della gente e la morbidezza dell’erba di campo. Dopo una bella camminata per arrivare al castello di Dunnottar a Stonehaven avevo proprio voglia di spaparanzarmi da qualche parte. Ho guardato l’erba e mi è sembrata molto invitante. Sì, l’erba mi avrebbe accolto volentieri…ma io ero un po’ scettica: pensavo che mi avrebbe pizzicato un po’, come sempre quando mi ci siedo. Ho esitato, poi l’ho guardata meglio. Sembrava davvero morbida. Alla fine mi sono seduta e il risultato è stato inaspettato. Non sono quell’erba non pizzicava, ma ci stavo proprio bene. Per anni mi ero chiesta perché Heidi si sedesse sempre sull’erba beata e contenta quando io invece l’avevo sempre trovata dura e ispida. Avevo sempre pensato che nei film sembra tutto bello ma la realtà poi è un’altra. E invece quel giorno avevo scoperto che dalle mie parti cresce un’erba un po’ più rustica…ma che non è così in tutto il mondo! Avevo completamente ignorato questo fatto fino a quel viaggio in Scozia. Avevo fatto chiaramente “di tutta l’erba un fascio”. Ringrazio ancora la stanchezza di quel giorno per avermi fatto scoprire la morbida e accogliente erba scozzese!

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Durante i miei viaggi, in effetti, mi è capitato spesso di ricredermi su qualcosa che avevo sempre dato per scontato. Nel dizionario Treccani trovo alla voce “ricredere” la definizione di “credere di nuovo, tornare a credere” e invece a “ricredersi” trovo “mutare opinione riguardo a qualcuno o a qualche cosa, convincersi d’essersi ingannato”. Ammetto che anche se l’orgoglio a volte soffre, ricredersi è bellissimo! Sì, perché significa liberarci di tutte quelle false credenze limitate dettate dall’aver visto solo un piccolo spaccato di realtà. Dettate, di base, dalla mancanza di conoscenza o da una conoscenza superficiale.
Credo che viaggiare serva anche a questo: a conoscere. Il mondo, sé stessi, gli altri, noi stessi con gli altri, noi stessi nel mondo. Le notizie che passano in televisione non possono bastare, per conoscere davvero come stanno le cose bisogna sperimentare di persona. E’ così che le mie opinioni acquistano valore, è così che mi libero da un’informazione a volte di poca accuratezza e fuorviante. E’ così che mi libero dalla paura. Perché è facile che qualcuno o qualcosa mi metta paura quando non conosco la verità, quando non ho le risorse per contestare quella paura. La conoscenza, mi sembra un argomento piuttosto complesso, perché ci sono molte cose da conoscere, molti modi per arrivare a conoscere e molti livelli di conoscenza. Tuttavia, voglio portare l’attenzione su un tipo particolare di conoscenza e cioè la conoscenza di se stessi. Pare che tanto tempo fa un insegnante e filosofo greco abbia detto “Conosci te stesso”. Queste parole un po’ categoriche mi sono sempre sembrate di una semplicità e di una efficacia disarmanti. E nella mia esperienza è così che diventa la vita quando conosco me stessa: semplice ed efficace. Conoscere me stessa significa sapere cosa mi piace e cosa non mi piace, cosa mi fa bene e cosa no, ciò in cui credo e ciò in cui non credo, cosa mi riesce bene e ciò che mi risulta difficile. Non per potermi vantare o autocommiserarmi, ma per fare scelte consapevoli! Credo che la maggior parte degli errori che faccio siano frutto della mancanza di consapevolezza, che non è altro che una forma di conoscenza. E io con ogni viaggio torno un po’ più consapevole.

Personalmente ciò che mi ha spinto a viaggiare all’inizio (prima di prenderci davvero gusto) è stata la passione per le lingue e la volontà di non perdere tutto l’allenamento fatto negli anni di studio. Conosco il valore della fatica, ma quella sprecata proprio non la sopporto. Quindi ogni tanto vado a fare qualche “viaggio di ripasso”. C’è da dire che viaggiare in un Paese di cui si parla la lingua è anche molto più comodo che farlo in un Paese dove per comunicare bisogna fare il gioco dei mimi. Cosa che è comunque molto divertente, ma queste sono altre storie. Parlare la lingua del Paese che mi ospita, infatti, è sempre stata per me una risorsa da non sottovalutare. Mi ha aperto le porte verso il cuore della gente del posto. E’ semplice: vedendo il tuo sforzo nel parlare il loro idioma sentono subito un bel po’ di rispetto per te. E ti aiutano anche più volentieri. Inoltre la lingua ti aiuta a capire la mentalità di un popolo e rende il tuo viaggio un’esperienza ancora più profonda.
Infine, viaggio stravolentieri perché mi faccio così una bella scorta di storie e aneddoti interessanti. Ti immagini la quantità di figuracce fatte in posti dove “burro” vuol dire “asino”, altri dove “coucher” significa dormire e “se coucher” invece dormire con qualcuno e altri ancora dove dici a una collega “Ho una cipolla” invece di “Ho un dubbio” perché Zweifel e Zwiebel nella tua testa sono gemelle?
Lascio vagare la tua vivace e brillante immaginazione.
